Chi sono.
Chi sono. O meglio, chi sono stato..
Chi sarò, ancora non posso saperlo. Sono stato un Fotografo professionista per quindici anni, dopo almeno cinque anni vissuti ad apprendere la tecnica sia fotografica che compositiva. Ho divorato libri, sia di tecnica, sia sui Grandi Fotografi del passato, da cui penso si debba sempre imparare, per capire ed affrontare con la dovuta preparazione questa grande Arte.
Da Amatore ho sperimentato il classico di questa splendida razza fotografica, il Paesaggio. Ricordo sveglie alle ore più assurde per avere la Luce giusta nel luogo che avevo individuato giorni prima. E proprio la ricerca di questa fantomatica Luce, mi portò alla foto di studio, quindi Still-life, Moda e Pubblicità. In sintesi, era la situazione ideale per tenere ogni cosa sotto controllo. Come la mia prima Vita…
Non sarei onesto con me stesso se non citassi uno degli incontri fondamentali per la mia comprensione della parte Artistica della Fotografia. Lei era una Fotografa, conduceva una vita molto Boehmiene, ed aveva una visione della fotografia che a me mancava. Era, in una sola parola, un Artista. Con lei, le foto finalmente parlavano, raccontavano una storia, avevano un senso, non solo un cliente. Si chiamava Marianna Garabello. Abitava ad Imperia, ma viveva in tutto il mondo.
Non è un lavoro facile quello del Fotografo di studio. Ti consuma, ti corrode e ti porta a non vedere più la realtà. Alla fine non era più Fotografia. Era una ricostruzione del reale. Cosi, alla fine, abbandonai il mestiere del Fotografo. Feci tutt’altro, e la vita mi ha fatto percorrere strade che con la Fotografia non avevano niente in comune. Lezioni di vita, comunque.
Poi, senza avvisare nessuno, è arrivato il Covid. La chiusura forzata tra le quattro mura, e questa condizione mai provata prima, mi ha fatto fermare e riflettere, su chi sono Io adesso, cosa voglio e dove voglio andare…. Le famose domande esistenziali. Ma ecco che, inaspettata, arriva la mia seconda Vita.
Ed ho fatto una scoperta. Dopo anni che non fotografavo, ho preso in mano una reflex e mi sono sentito subito a casa. I tasti erano quelli, il mirino mi dava le stesse sensazioni di quando lo avevo lasciato, la composizione veniva da sola. Si… non avevo più la pellicola, ma in fondo in fondo, la Fotografia era pur sempre quella lì.
Ed ho scoperto il Reportage. Questo mi ha fatto vedere ciò che non avevo provato durante la professione, ovvero il contatto, direi la completa immersione con la realtà. Rendendomi conto che mi piaceva e mi gratificava. Come se non fosse stato altro che quello, il linguaggio che stavo cercando fin dal principio.
Un lungo percorso per arrivare a scoprire ciò da cui, in fondo ero partito. E, a scanso di equivoci, lo dico subito, NON sono uno street photographer. Non cerco le foto rubate a prescindere, non cammino con la macchina fotografica nascosta sotto la giacca, cerco, se posso, un interazione con il soggetto. Almeno quando ciò risulti possibile. Ho ricominciato fotografando concerti, manifestazioni e sport. E da li a fotografare gli Attori di tali teatri dati dalla vita, dalla musica, dallo sforzo fisico, il passo è stato breve. Ad oggi non sento alcun bisogno di tutte le sovrastrutture di costruzione di un immagine che richiedeva il lavoro di studio, anzi, la mia ricerca è volta ad asciugare il più possibile la risorsa tecnica dello strumento fotografico.
Una Xpro2, un 23 ed 35 mm, visione nel mirino costantemente in bianco e nero e sono a posto. Non mi serve altro. Solo entrare in sintonia con il mio Soggetto. Qualunque esso sia. Ecco così, che semplificando la tecnica, il tentativo e la mia costante ricerca è quella di asciugare la Fotografia che cerco di ottenere.
Semplicità e Realtà. Questa, la mia costante ricerca attraverso un semplice rettangolo magico. Da tenere alle volte in orizzontale, alle volte in verticale.
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