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A... Soltanto una 'A'.
Un ombra nella notte, sopra ad un cavalcavia di un Autostrada. La MIA ombra.
E mi accorgo di come quell'ombra mi parli.
E vedo. Si, vedo. E' solo un Ombra, ma non un ombra qualsiasi.
'A' ..come Autostrada.
'A' ..come Autoritratto.
'A' ..come Alessio.
'A' ..soltanto una 'A' che appena mi muovo, è già fuggita via...
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La Porta della Conoscenza
Ho ripensato a questa mia fotografia dopo aver visto il Film proposto dall' amico Nicola Alocci nella sua rubrica 'Tra Fotografia e Cinema'.
In questo suo appuntamento il film trattato era 'Primavera, Estate, Autunno, Inverno... e ancora Primavera' del regista coreano Kim Ki-Duk.
Ebbene, dopo aver ammirato questo Film, assolutamente non 'facile' la mia foto, che giaceva nel mio HD da più di due anni, mi è apparsa in una visione completamente diversa.
Così mi sono deciso a fare un certo tipo di postproduzione e ad editarla in questa veste.
Cosa dire... del Film mi ha davvero colpito la fotografia ed in particolar modo quella inerente al 'Cancello senza muri esterni' ma in cui personalmente ci ritrovo analogie secondo me molto vicine a questa mia foto.
Ecco, qui ci sono i muri tra le due porte, ma questa mia immagine la vivo come un invito.
Un invito ad un percorso.
Un percorso che, viste le macerie tra le due porte, mi rappresentano il 'Lago' del film e che sono in molti ad aver già intrapreso e proprio da queste macerie si evince che ci siano stati molti fallimenti nel percorso stesso.
Un esterno - il cancello d'ingresso- dove si incontra una prima soglia in pietra che incornicia la scena e ti fa intravedere il 'Fine'.
Ma ti dice pure che dovrai superare molte prove. Prove dure, estenuanti, dove camminando con i tuoi piedi nudi su queste macerie, inevitabilmente ti ferirai.
Dove a contrasto con la luce del tuo esterno di partenza e tra la luce del tuo incerto arrivo, troverai le ombre, muri scrostati, screpati, luoghi tenebrosi e l'incerto cammino di chi ha calpestato tali macerie prima di te.
Cosa dire poi del 'Quadro' finale -il Tempio- che si intravede sullo sfondo e che potrà essere raggiunto 'solo' dopo aver attraversato le due porte...
La mia sensazione è quella di un premio, ma che in questo caso non saprei dire se sia la parte terrena ad esserlo, rappresentato dalle piante che troviamo verdi e rigogliose, insieme però ad altre oramai essiccate.
Oppure il Cielo, con quel suo azzurro pallido che non ti promette lo splendore dei cieli paradisiaci rappresentati nei quadri religiosi, ma ti invita, semmai, a considerarlo come un nuovo inizio.
Ecco che con questa visione, ai miei occhi, la rappresentazione del Cancello, del Lago e del Tempio, la ritrovo perfettamente traslata in questa mia fotografia, che ovviamente ho scattato quando del Film non ne ero a conoscenza.
Questo non vuole essere un mio paragonarmi al Regista...giammai...
Vuole solo essere un mio personale omaggio all'impegno profuso da Nicola per il bellissimo report del film stesso e alle immagini del Film in cui mi sono perfettamente immedesimato...
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Sbagliato
Io...devo essere sbagliato.
Quando sono con la fotocamera in mano e la porto al mio occhio, succedono sempre cose sbagliate.
Vago per un bosco annusando gli odori, ascoltando i rumori ed i suoi silenzi, assaporando un certo senso di claustrofobia che gli alberi mi incutono con le loro chiome a chiudermi la visione del cielo.
Ti lasciano ammirare solo lame di luce.
E, ad un tratto l'incontro.
Una Barca. Nel Bosco...
Ma, cosa ci fa una Barca in mezzo ad un bosco, penso Io..
Così ci siamo subito annusati, scrutati, accettati per ciò che siamo..
In una parola..SBAGLIATI.
Allora Lei si offre al mio obiettivo, mi mostra le sue curve, i suoi bagliori, i suoi fianchi prosperosi.
Pare una modella tra gli alberi ed una sapiente regia la illumina e ne delinea le ombre.
Ma io continuo a sentirmi Sbagliato.
Questo oggetto che tengo tra le mie mani, con il suo occhio di vetro ed il corpo di metallo, mi offre solo e soltanto situazioni o visioni che paiono Sbagliate.
E poi penso... Ma, e se non fossi io ad essere Sbagliato.
Se fosse proprio il MIO occhio, quello vero, vivo, ad accorgersi più facilmente proprio dei contrasti visivi che incontro nelle mie scorribande fotovisionarie...
E se la mia normalità risiedesse proprio nell'accorgersi dei contrasti e delle cose fuori luogo e fuori contesto che mi trovo davanti nella realtà..
Si...Forse sono davvero Sbagliato, ma in fondo mi sento bene così.
E giro intorno a questa barca, che si sente Sbagliata pure Lei...
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L'Uscita
Fermo, qui in uno squallido parcheggio di un anonimo centro commerciale, un caldo agostifero che ti appiccica la pelle alla maglietta.
Ecco, lo vedo dinanzi a me, mi scruta, mi osserva, mi parla.
La sua scritta mi sta dicendo che posso uscire, andarmene, che poi è proprio ciò che vorrei.
Mi sta offrendo una via d'uscita, una fuga da quel luogo infernale.
Ma se guardo meglio mi accorgo che il lampione che si staglia alto nel cielo non è ciò che vuol farmi credere.
Ai miei occhi la sua forma ha i tratti di un imponente e minaccioso gabbiano.
Quelle sue ali mi fanno immaginare la fuga da quel luogo , ma il cartello che sembra confermare l'esistenza di una via d'uscita, mi si pone dinanzi e invece di indicarmi la strada, che immagino sia quella per la libertà, lo vedo imporsi come una invalicabile barriera ad impedirmi la fuga.
La sua figura è adesso simile ad un gigantesco poliziotto che intima di fermarsi e non avanzare oltre.
E così, ciò che appare, infine non è...
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Grazie per la scelta.
Il Supermercato... Già, siamo sempre qui.
In questo regno del male mi ci trovo sempre, ma se posso attendo in auto chi compera per me, illudendomi di essere meno attanagliato dalle attrattive dei geni del marketing.
E attendo, ascolto, osservo. Ed osservando questo luogo immerso nella pazzia, mi accorgo di come il cartello dinanzi a me voglia parlarmi.
Anzi, a prendermi in giro, a farmi credere di trovarmi nel luogo della Fantasia, della bontà, dove i ruscelli sono sempre limpidi e gli orti sempre nella stessa valle colorata.
Io invece non ti ho scelto per niente e guardando il volante della mia auto mi verrebbe voglia di fuggire via, lontano da questa finzione.
Ma i carrelli mi ricordano che siamo ingabbiati e la tettoia è come il tetto di una prigione.
Prigione che ti illude di farti vedere il cielo ma lo puoi vedere solo in trasparenza, attraverso il plexiglass e le sue righe ingannevoli.
E nelle altre auto, poi, prigionieri annoiati come me attendono il ritorno dei propri carrelli, così da illudersi di vivere in un Mulino Bianco...